Madre Maria Celeste Crostarosa



«Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me» (Gv 14,6).

 

L’affidarsi fiduciosamente al Cristo e l’intima unione con lui caratterizzarono tutta vita e la spiritualità della Serva di Dio Maria Celeste Crostarosa (al secolo: Giulia): unita con Lui in mistica comunione, si uniformò in tutto alla Sua volontà, lasciandosi trasformare dallo Spirito in viva memoria del suo amore misericordioso.
La Serva di Dio nacque il 31 ottobre 1696 a Napoli, in una numerosa famiglia borghese, e fu battezzata con il nome di Giulia. Uno dei fratelli diventerà gesuita, mentre due sorelle entreranno con lei in monastero. Molte notizie della sua vita si evincono dall’Autobiografia che, su richiesta del direttore spirituale, ella redasse in età adulta, intorno al 1750.
Dotata di intelligenza vivace e di carattere deciso ed estroverso, negli anni giovanili visse un breve periodo di crisi spirituale, che riuscì a superare anche con l’aiuto di un padre spirituale di grande esperienza e solida dottrina. Avvertendo la chiamata alla vita consacrata, a 17 anni fece voto di castità.
Nel 1718, entrò tra le carmelitane di S. Maria dei Sette Dolori di Marigliano (NA), dove rimase fino alla soppressione del conservatorio nel 1723. Dopo una breve permanenza in famiglia, accettò l’invito del Pio Operaio P. Tommaso Falcoia ad entrare nel conservatorio visitandino della Ss. Concezione di Scala (SA), dove assunse il nome di Suor Maria Celeste del Santo Deserto.
Il 25 aprile 1725, dopo l’Eucaristia, si sentì chiamata dal Signore a dare vita ad un nuovo istituto religioso; nei giorni seguenti, sostenuta dal consiglio del confessore e della maestra delle novizie, ne scrisse le regole, centrate sulla comunità “viva memoria” dell’amore del Redentore. Dopo non poche difficoltà, dovute ad incomprensioni ed equivoci da parte di qualche consorella e dalle incertezze di alcuni superiori, con l’influenza illuminata e decisiva di s. Alfonso de´ Liguori, il 13 maggio 1731, ebbe origine l’Ordine del ss. Salvatore che, con l’approvazione pontificia, nel 1750, cambierà il titolo in ss. Redentore.
Nonostante ciò, a causa della definizione delle regole, la Serva di Dio fu ancora oggetto di incomprensione e di ostilità, tanto da essere isolata dalla comunità e privata dell’eucaristia. Ella visse queste "tribolazioni" con pazienza e grande maturità spirituale, sapendo di dover condividere il cammino pasquale del Redentore. Purtroppo, gli eventi precipitarono al punto che il 14 maggio 1733, il capitolo del monastero decretò l’espulsione della Serva di Dio.
Dopo una permanenza di due anni nel conservatorio domenicano di Pareti e un successivo tentativo di fondazione a Roccapiemonte, nel 1738 accettò la richiesta di stabilirsi a Foggia, potendo così dar vita a una comunità secondo il suo progetto di vita religiosa. Nacque così, l’anno seguente, il Conservatorio del Ss. Salvatore, finalizzato anche nella formazione delle ragazze del ceto medio. A Foggia, la Serva di Dio, riuscì finalmente ad attuare il carisma che le era stato ispirato, guidando le consorelle e numerose ragazze nel testimoniare quotidianamente la memoria vivificante di Cristo Redentore.
Il 14 settembre 1755, si spense nella città pugliese, lasciando, oltre alla già citata Autobiografia, quindici opere di contenuto mistico, e un interessante epistolario che rivela il suo vissuto interiore, particolarmente sui momenti più critici della sua esistenza.
La Serva di Dio, fin dalla giovinezza, sperimentò forte la chiamata alla santità e al matrimonio mistico con Cristo, sposo esigente, e andò sempre alla ricerca di una radicalità nella consacrazione religiosa, di cui propose una riforma, concependo la vita delle monache come una perfetta imitazione della vita del Cristo e la comunità religiosa una viva memoria del suo amore redentore per tutti. L’eucaristia, il cuore squarciato del Salvatore e la devozione alla Vergine Maria costituirono il centro permanente della sua spiritualità. Immersa nella preghiera e nella contemplazione del mistero di Gesù Redentore, Suor Maria Celeste affrontò con fermezza non solo la quotidiana lotta spirituale per tendere alla perfezione, ma anche una serie di ostacoli e di incomprensioni che incontrò nel suo percorso di vita. Le umiliazioni che subì, però, non la scoraggiarono, ma anzi confermarono in lei la convinzione di aderire ad un progetto di Dio. Equilibrata e temperante, nella sua proposta spirituale non si notano gli eccessi del contesto “barocco”, ma piuttosto una essenzialità attinta dalla familiarità con la Parola e concretizzata nel donarsi senza riserve al prossimo, come scrive nella prima regola. Ebbe anche dei doni soprannaturali e delle esperienze mistiche, che le procurarono, secondo la sua testimonianza autobiografica, una "felice beatitudine" e una grande "soavità". La sua figura appare come una luminosa e coerente testimone della vita consacrata, una imitatrice di Gesù crocifisso nell’esperienza dei consigli evangelici, una “donna forte” di biblica memoria, una mistica di grande rilevanza.
In virtù della fama di santità, dal 9 luglio 1879 al 1° luglio 1884, presso la Curia ecclesiastica di Foggia, fu celebrato il Processo informativo, a cui fece seguito, l’11 agosto 1901, il decreto della Congregazione dei Riti sull’introduzione della Causa. Dal 2 maggio 1932 al 4 novembre 1933, a Foggia, fu celebrato il processo apostolico sul non culto e sulla fama di santità. La validità giuridica è stata riconosciuta da questa Congregazione con decreto del 21 maggio 1999. Preparata la Positio, si è discusso, secondo la consueta procedura, se la Serva di Dio abbia esercitato in grado eroico le virtù. Con esito positivo, l’11 maggio 2011 si è tenuto il Congresso Peculiare dei Consultori Teologi. I Padri Cardinali e Vescovi nella Sessione Ordinaria del 7 maggio 2013, presieduta dal Card. Angelo Amato, hanno riconosciuto che la Serva di Dio ha esercitato in grado eroico le virtù teologali, cardinali ed annesse.

Il 18 giugno 2016 è stata beatificata a Foggia

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